Caso clinico: quando la sterilità dipende da cause psicologiche

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wonder84
00domenica 15 luglio 2007 12:58
Teresa faceva morire anche le piante.

Nella mia esperienza di medico psicoterapeuta, mi è capitato tantissime volte di incontrare pazienti psicosomatici. Questi,  consapevoli del loro disagio chiedono  aiuto allo psicoterapeuta, ma la psicoterapia può fare poco se non leggere questi disagi come dei sintomi.

Ma, scriveva Jung, che spesso è l'inconscio,  liberato dalle difese ad operare in maniera mitopoietica, cioè cura se stesso.

Il caso di Teresa è emblematico di questi meccanismi.

Teresa era una donna di 32 anni quando mi chiese una psicoterapia,  circa una decina di anni fa.

Si presentò al primo all'appuntamento con un ritardo di 10 minuti. Arrivò tutta rossa in faccia, ansimante, sembrava aver corso.

  

    -     Teresa: "Mi scusi, mi scusi, i mezzi sono sempre in ritardo."
    -      Io: "Lei è in ritardo."
    -      Teresa: "No, no, sono uscita in tempo, ma poi i mezzi ritardano sempre."
     -     Io: "Allora non è uscita in tempo."

Teresa spalancò gli occhi come per dirmi: Non hai ancora capito!? Io ero in orario, i mezzi erano in ritardo.

-         Io: "Ma lei sapeva che i mezzi sono sempre in ritardo?.me lo ha detto lei"

Teresa abbassò la testa e mi guardò con sfida e disse: "?e adesso che facciamo?"

-         Io: "Abbiamo ancora 35 minuti, mi racconti quello che vuole"
-         Teresa: "Non lo so, lei mi ha confusa."
-         Io: "L'ho confusa? O le è venuta rabbia?"
-         Teresa: "Rabbia? Mi dica cosa le devo dire"
-         Io: "Quello che vuole?perché è qua?"
-         Teresa: "Non lo so?si lo so?aspetti un attimo che mi riprendo"

Mi  raccontò che è sposata da 12 anni, non ha figli e  da sempre soffre di ansia. Lavora saltuariamente perché, a suo dire, dopo sei sette mesi o la mandano via o si licenzia lei. Teresa: "Sa, all'inizio ci vado con entusiasmo, poi incomincio a stancarmi e a far disastri fin tanto che devo andarmene."

-         Io: "Mi sta dicendo che il lavoro tra me e lei durerà al massimo sei, sette mesi?"
-         Teresa: "No.Le ho detto che i miei lavori durano al massimo sei, sette mesi??cioè lei dice che anche tra me e lei??
-         Io: "Penso che possiamo verificare se è possibile lavorare assieme. Ci vedremo, se lei è d'accordo, tre volte e poi decideremo."

Teresa dopo aver annuito con la testa, si alzò di scatto e  sulla porta si girò e mi disse: " Lei pensa sia importante il fatto che sono sposata da un sacco di tempo e mi abbiano detto che non potrò avere figli?"

-         Io: "Non lo so, ne parliamo la prossima volta:"

Ritornò all'appuntamento fissato dopo sette giorni, arrivò sempre più rossa in faccia e mi disse:  "Guardi, non mi dica che è colpa mia se sono un po' in ritardo anche oggi.  Sono partita anche prima del solito, ma poi il bus ha avuto un incidente?. silenzio?le dicevo l'altra volta che non potrò avere bambini."

-         Io:  "A lei  dispiace?"
-         Teresa: "E sì, molto.. anche se ormai mi sono abituata all'idea."
-         Io: "Sta dicendo che ora  non li vorrebbe più?"
-         Teresa: "No, no. Se vengono bene. Ma cosa vuole ormai mi sono abituata all'idea, Faccio un sacco di cose, vivo quasi sempre fuori casa, tanto è vero che mi muoiono anche le piante.
-         Io: "Cioè?"
-         Teresa: "Sì, sì. Io non ho voglia. Mi dimentico. Ho lasciato andare via perfino l'uccellino che avevo in gabbia."
-         Io: "Cosa ha fatto?"
-         Teresa: " Si, avevamo un uccellino che tenevamo in gabbietta, ma spesso mi dimenticavo di curarlo e così l'altra settimana ho aperto la finestra e l'ho lasciato andare."
-         Io: "L'ha ucciso."
-         Teresa: "Ma no, non credo? lei dice?  L'avevo  pensato anch' io?.  ma no sta meglio libero.

Alla terza seduta decidemmo di iniziare a lavorare assieme. Il contratto prevedeva due incontri alla settimana . Chiaramente la maternità non faceva parte del nostro contratto, né lei me lo chiese.

Lavorammo per quasi tre anni. Dopo alcuni mesi, Teresa cominciò ad arrivare puntuale. Fu capace di affrontare il problema della sua aggressività che nascondeva meccanismi onnipotenti di tipo narcisistico. Mentre si riducevano queste difese , Teresa diventava sempre più triste. Passò un periodo di profonda depressione. Viveva in un lago nero da dove non riusciva ad uscire, e io seduto sulla riva mi accontentavo  far sentire la mia voce.

Per mesi mi comunicò un dolore cupo e profondo. Un dolore di morte.

Un giorno arrivò vestita che sembrava una modella, e sorridente mi raccontò che aveva prenotato col marito una vacanza al mare.

Era uscita.

Iniziò un periodo di grande attività fisica e intellettuale. Mi informava di tutti i film nuovi in programma e di come stava cambiando casa sua.

-         Teresa: " Ho  comprato la cucina nuova?. sa che casa mia è piena di piante?
-         Io: "Ha riempito di piante la casa?"
-         Teresa: "Si, non muoiono più? anzi, sono bellissime."

Capii qualcosa che non dissi a Teresa.

Un giorno arrivando vidi che  mi aspettava davanti allo studio.

-         Teresa: "Dottore, devo dirle una cosa straordinaria!"
-         Io: "Ora? Me la dica dopo."

Come entrò in studio, ancora con la  mano sulla porta: "Sono incinta dottore? sono incinta."

Teresa portò a termine la gravidanza. Ci vedemmo fino ad alcuni mesi dopo il parto di Daniele. Era una mamma dolce e attenta.

Due anni dopo mi mando un biglietto: "Daniele ha una sorella: Lucia. Sono Felice."

Teresa mi insegnò come alcuni meccanismi primari, antichi, come la sua aggressività possa in maniera del tutto inconsapevole essere somatizzata. Uccideva ogni possibilità di vita dentro di sé. D'altra parte fu per me straordinario accorgermi di come  questi  stessi meccanismi, così  antichi nella nostra evoluzione umana e personale siano  fortemente legati alla natura. Teresa uccise  le piante e l'uccellino. Come fu possibile tutto questo?

E' ancora Jung che lo spiega teorizzando la presenza dentro   di noi di un Inconscio Collettivo,  noi e la natura non siamo nettamente separabili.


 

tratto dal miopsicologo.it

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